Quel maledetto
senso del dovere!
No!
Quel maledetto
senso di riflettere prima di sentenziare e giudicare l'altrui comportamento.
Quel maledetto
esame di coscienza... che solo potrà permettermi un giorno di scagliare la
prima pietra essendo senza peccato.
Semmai sarò in
grado di esserlo!
E, pertanto, non
potendo corrispondere affatto per il momento presente ed infinito a tale
"identikit mi risolvo ad elucubrare privati pensieri in salsa
pseudo-pubblica, pseudo-scientifica, pseudo-filosofica.
La qual cosa non
mi dispiace se essa in qual si voglia maniera potrà rivelarsi utile a qualcuno.
Cos'è, cosa
significa il concetto di:
"Verità
Funzionale"
Ci tornerò sopra
un giorno?
Ne definirò
meglio i contorni?
Forse?
Mi concedo come
sempre uno spazio di "ulteriore riflessione"!
Per il momento
mi limiterò ad usarlo come mezzo per esporre un altro concetto:
"L'indignazione"
Siamo tutti
indignati per il comportamento altrui.
Un comportamento
lesivo dei nostri interessi.
Degli interessi
dei nostri cari, dei nostri familiari, dei nostri amici.
Del nostro
entourage.
Della nostra
"cricca" di appartenenza.
Della nostra
fede, del nostro credo, della nostra parrocchia, della nostra ideologia, del
nostro giardino.
Siamo tutti
indignati perché ci siamo sentiti, ci sentiamo, ci stiamo sentendo privati di
qualcosa.
Di ogni cosa.
Qualcosa che
riteniamo, abbiamo ritenuto, riterremo... sia, fosse, avrebbe dovuto essere
nostra.
Ci sentiamo
Defraudati.
Derubati.
Raggirati.
Imbrogliati.
Truffati.
Ingannati.
Ma rispetto a
cosa effettivamente?
Rispetto al
Dovere?
Rispetto al
Diritto?
Rispetto alla
Giustizia?
Rispetto alla
Verità?
Rispetto a cosa
effettivamente?
All'Esistenza?
All'Essenza?
All'Eta?
Al Tempo, allo
Spazio, alla Vita?
Tempo, spazio,
vita...
Perduti o
Perdute come tutto ciò che ci circonda, in un malessere endemico che ispira
ogni nostra azione, emozione, reazione.
Un malessere
figlio forse di un'inconscia, insolita (ipocrita?) incapacità
d'adattamento.
O forse di una
distonia.
Di una metamorfosi
accidentale, demenziale, decadente di un intelletto mai realmente messo alla
prova.
Certamente non
sarò il primo dei qualunquisti.
Non sarò il
primo dei vuoti parolai, degli incantatori di serpenti, degli erranti del
deserto in questo globo di urlatori e di grida senza eco. Di suoni persi nel
vuoto. Di contenuti cestinati nella memoria. Nella memoria di Hard Disk
corrotto, manomesso, compromesso, dismesso.
Certamente non
sarò il primo dei qualunquisti o degli obsoleti suppellettili da bacheca dei rimorsi
e dei ricorsi storici, cui si concede ogni tanto uno spolvero, un sospiro, un
ricordo, un soffio di vita e di rammarico.
Non sarò
certamente il primo ne l'ultimo!
Ma certamente
sarò in buona compagnia.
Magari non il
principe assoluto nel "difetto dei contenuti".
Purtuttavia un
discreto incantatore di astanti, ascoltatori, lettori... nell'ineluttabile
destino che tutti attende.
E' per questo
che mi preme sottolineare un "modus operandi " che mi lascia assai
perplesso.
Un procedere
appunto contiguo alla Verità Funzionale e conseguenzialmente al processo di
Indignazione.
Ci si scaglia,
spesso, contro gli altri più come giustizieri che come giusti...
Ancorché si
tenti di esser sinceri, sinceramente arrabbiati, indignati, esausti.
Ma prima di
puntare il dito contro il "prossimo" colpevole sarebbe forse più
opportuno esporre le criticità del nostro vivere con un maggior distacco e con
una minor partecipazione od enfasi emotiva.
La qual cosa non
aiuta nessuno e nessuno spinge alla risoluzione di quelle criticità che ognuno
a suo modo percepisce, sopporta ed affronta.
La qual cosa,
diversamente, tutti incita a quella sterile indignazione.
Nell'assoluta
passività dell'intelletto, morbidamente, comodamente costretto
all'individuazione di un capro espiatorio.
Un'intelletto
travolto ed oscurato che circoscrive il suo agire in un dito puntato.
Un dito puntato
contro un bersaglio: voluto, definito, predefinito, circoscritto, archiviato.
Trovato e tolto
il quale i problemi magicamente svaniranno o saranno più sanamente affrontati,
risolti, superati, cancellati, estinti, mai esistiti.
Ahimé, non credo
affatto sia così.
Non credo in
alcun modo che tutto ciò possa mai tradursi in un virtuoso risveglio
dell'intima coscienza individuale. Un "unico" e "lento"
percorso introspettivo, probabilmente il solo in grado di solleticare quel
principio del tutto smarrito, se non addirittura nell'oblio svanito,
dell'assunzione di responsabilità personale sul divenire della
"storia".
E' pertanto
sterile inveire contro il Renzie, che di tal pasta "insipida" e
"rancida", il volgo complice e la vulgata confusa, superficiale e
colpevole lo fece.
Semmai sarà più
produttivo e costruttivo esporre fatti, analisi e soprattutto proposte.
Solleticando
l'intelletto altrui e la buona volontà sperabilmente insita in ognuno di noi,
forse non tutti ma una consistente fetta sarà più che auspicabile.
Volontà nel
mettersi in gioco e nell'esporre, condividere, confrontare le proprie proposte.
La mossa
attraverso la quale poter abbattere quel muro di fango che l'uomo stesso (in
quanto bestia selvaggia ed istintivamente autodistruttiva) tende inevitabilmente
ad erigere intorno a se.
Convincendosi
che tale "recinzione" sia per il suo bene.
Convincendosi
che sia esclusivamente dovuta alla propria aura di elevazione spirituale.
Convincendosi
che sia la sua irrisolvibile strada promessa, quella di accesso... e possesso
del divino.
E plausibilmente
perché, rispetto al divino, egli si sente solo un misero e reietto essere della
"natura":
calpestabile e
quindi impotente, remissivo, sostituibile, sottomissibile.
Ed
"Egli" non vuole esser tale.
Non vuole esser ricattato
o ricattabile.
Non vuol essere
debole o riconoscere altresì la propria debolezza ed impotenza.
Non vuole essere
vittima ma carnefice.
Per questo
allora si ribella.
O ritiene in
tutta coscienza di poterlo e doverlo fare.
Mangia la mela
dall'Albero.
Assuefatto dalla
donna.
La donna che
incanta e che a sua volta è stata incantata dal serpente.
Ma il serpente è
solo un'apparenza.
E' ciò che
l'essere crede e vuol credere che egli, esso, sia.
Le sembianze
assumono allora i contorni torbidi dell'indefinito ed ognuno, ogni cosa, ogni
persona e protagonista, assumono forme che nessuno è più in grado
d'identificare, circoscrivere, descrivere, capire, comprendere, associare,
giustificare, percepire, compenetrare!
Ognuno agisce per
indolenza e per salvezza propria.
Per la salvezza
della propria sorte.
Ma quale
salvezza? Salvezza da cosa e soprattutto da Chi?
Da Chi stiamo
tentando di scappare?
Da Chi stiamo
tentando di salvarci?
A Chi stiamo
implorando di ammettere, accordarci, approvare, tollerare... concederci
l'effettività della nostra esistenza?
A CHI?
Non sarà certo
il Renzie a rispondere perché...
Da che il mondo
è il mondo...
Il politico di
potere interpreta sovente la parte dell'affabulatore.
Ammaestra le
masse in ciò di cui il potere necessita.
Necessita che
esse pensino, accordino, agiscano.
Il politico di
potere vive di sogni stravolti e corrotti dall'ambizione.
Dal delirio
d'onnipotenza.
L'opposto
dell'uomo che dovrebbe vivere ed interpretare le proprie azioni, definizioni,
concezioni e percezioni della realtà in modo sincero, spontaneo, condiviso.
La realtà è ciò
in cui si crede? In cui si sperà? in cui si vive?
La realtà è
questa definizione di Verità?
O forse è
semplicemente... "Verità Funzionale"?
Un mezzo
attraverso il quale poter piegare gli avvenimenti alle nostre decisioni,
interessi, necessità?
La Verità come
la giustizia non è di questo mondo... disse un tempo... un saggio... senza
troppo ricamarci sopra!
Ed allora ecco a
voi un video interessante: