Nettuno Porto e Borgo

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mercoledì 3 settembre 2014

Nettuno: tra una realtà surreale ed un apoteosi apocalittica

Nettuno: tra una realtà politica surreale ed un apoteosi cittadina apocalittica
Una comunità allo sbando che tranquillamente non dimostra di esser tale


Al grido di "siamo uomini o caporali" quanti uomini ingenui sono partiti per soddisfare gli onori e gli interessi dei caporali?
Ricordo il leitmotiv di un film di quando io ero un ragazzo: "Nessuno può chiamarmi fifone!"


E per istintiva quanto emozionale reazione a quella "infamante" accusa, fiera era l'affermazione, la rivendicazione, la convinzione che nessuno avrebbe dovuto e potuto osare tanto.
Ma, in genere, quell'accusa era figlia di atti violenti (verbali o fisici) di bulli che erano in grado (nella loro piccola scienza) solo di saper puntare un dito od una mazza, magari gli ennesimi di una vita fatta di frustrazioni o prevaricazioni.
Un dito puntato spesso da qualcuno che nella sua intollerante ed arrogante acredine riteneva di essere totalmente al sicuro ossia nella più riguardevole ed autorevole delle posizioni: quella dell'intoccabile!

Ebbene quella posizione è una posizione che non invidio affatto.

Non invidio le persone con il dito puntato.
Non invidio il bullo o l'arrogante di turno che afferma la propria necessaria verità.
Non invidio neanche colui che si erge come paladino di una verità e per ciò tanto accusa tutti gli altri di falsità.
Non invidio l'untore.
Non invidio l'imbalsamatore di teste o di corpi come l'untore o imbalsamatore di commenti o di atti fuori bilancio macchiati dalla colpa della "prebenda".

No... non li invidio!

Non li invidio perché ho imparato che in ognuno di noi alberga o meglio cova il risentimento del giustiziere.
Un giustiziere che è un po' paladino ed un po'mariuolo.
Un poco guardia ed un poco ladro.
Un poco Nico Giraldi e un po' Er Monnezza.
Un poco salvatore e troppo spesso vendicatore.

La vendetta anima il risintemento e non rende i caporali uomini ma solo servi di un istinto primordiale.
Un istinto che, equivocando, chiamiamo giusta emozione ma di cui altri "spregiudicatamente" si servono oggi chiamandola giustificata indignazione.

E per lo stesso gioco delle tre carte, l'indignazione diventa pretesa di "verità e giustizia" mentre inconsapevolmente così come serenamente e drasticamente, la pretesa diviene presunzione e poi soverchia ed infine rigetto di quella stessa "verità e giustizia" che non sposerà il nostro pregiudizio o interesse particolare.

Sul rogo non fu bruciata solo Giovanna D'Arco ma soprattutto una sperabile libertà di pensiero.
Quella libertà che non fa capo al giustizialismo ma alla filosofia intrinseca della vita.
Fa capo al sottosuolo intrinseco dell'esistenza umana.
Un'esistenza che non si riduce evidentemente nel soliloquio animato dal baracchino burattinesco dei buoni e cattivi.
Tanto meno può annichilirsi nello gnosticismo atavico hollywoodiano che definisce il tutto come l'esistere nell'eterno bianco o nero, bene o male.

La vita non è un assoluto imprescindibile, là dove l'assoluto rappresenta da un lato l'arcano e dall'altro l'onnipresente ed onnipotente "mito" che detta la sua indiscutibile legge sul destino.

La vita è ciò che ti succede mentre stai facendo altri progetti... (diceva qualcuno).

Di certo la vita non si esaurisce e mai si potrà esaurire di fronte al "signorotto" di turno.

Chi si ostina ancora a pretendere la verità di certo (personalmente ragionando) farebbe meglio a non cercarla con il dito puntato. Ergendosi a giustiziere e così sostenendo questo o quel tal'altro volgare, furbo o colto signorotto locale.
Perché troppo labile si rivelerebbe tale verità tanto da poter facilmente esser confusa o travisata o scambiata o inevitabilmente identificata (quel tanto appunto che basti) da rivelarsi come una verità di comodo, tanto per il giustiziato quanto per l'inquisitore.

Chi si ostina nella verità forse dovrebbe essere in grado di andarne oltre... e quindi prima di giudicare, "saper" o tentare di comprendere.
Prima di reagire, "saper" o cercare di ragionare.
O, nonostante la reazione istintiva, "saper" trovare il modo di discutere e pervenire ad una conciliazione.

E non perché ci si debba sottomettere al volere di un presunto padrone, all'interesse di un intrallazzatore o al guadagno di uno sciacallo speculatore.
Ma perché solo chi agisce realmente per migliorare le cose... prima di abbattersi contro il prossimo col suo dito... cerca di proporre ed individuare una soluzione.

Certo, pretendere un sacrosanto riconoscimento di "responsabilità" e poi, ove necessario, una doverosa ammissione d'incapacità o inadeguatezza... sarebbe la perfezione del sublime.

Ma siamo certi che basterebbe una pubblica gogna dei reietti per risolvere tutti i problemi che ci si trova a dover affrontare nella quotidianità? Una quotidianità fatta di difficoltà personali quanto di ostacoli, impedimenti ed intralci sociali?

I problemi si affrontano e si risolvono cercando soluzioni e non capri espiatori.

Una buca non si riempie da sola.
Una piazza non si ripiastrella sa sola.
Un teatro od una piscina non si allestiscono da soli... e neanche per bontà divina.

Che chi debba pagare per le proprie azioni... paghi!
Confidando nella giustizia.
Che se non lo sarà di questo mondo, probabilmente non mancherà o tarderà in un altro.

Ma, quantomeno, che la saggezza, l'onesta e la voglia di risolvere e ricostruire sia in grado di maturare sana nei nostri cuori.

Di roghi ne abbiamo avuti e ne abbiamo già abbastanza, sparsi in giro per il mondo, in ogni dove nel globo... ed in ogni dove sempre più a noi vicini e minacciosi.

Focolai di ribellione e di protesta o di presunta ribellione e protesta e fomentata tale.
Sospinti da forze che ancor oggi ci è difficile comprendere e catalogare... eppure tutte e tutti forieri di dolori, sacrifici e privazioni che probabilmente ora non siamo neanche in grado d'immaginare.

D'altronde un tetto sulla testa ancora ci copre ed un piatto di pasta ancora fuma di un sapore antico e lieto sulla tavola e per alcuni anche un pezzo di giardino dove coltivare una pianta di pomodoro per la salsa o l'insalata di stagione.

Sarebbe un vero peccato se dovessimo sprecare tutte le nostre energie per abbattere qualcuno di avverso considerato come l'acerrimo nemico anziché edificare qualcosa di buono considerandolo l'obiettivo più gradito.

E spero non ci si fermi di fronte a nessuna forma di criminalità, singola od organizzata e che sia privata o di stato o che sia nostrana od importata, che sia di destra o di sinistra o atlantica od oltranzista.
Poiché qualsiasi tipo di criminalità va osteggiata e combattuta e conseguenzialmente rigettata, sia nella forma che nella sostanza.
E quindi tanto e soprattutto nella più sibillina "forma" verbale quanto nella più ovvia e concreta "sostanza" fisica.

Nell'era della mediazione tecnologica, le bombe ad orologeria non si seminano più solo sulle strade od autostrade dove giudici in prima linea (di fatto indifesi) hanno dato la loro vita... o con colpi d'arma da fuoco sparati a sangue freddo su di un marciapiede urbano contro servitori fieri ed integri dello Stato...
Quello stato con la S un tempo maiuscola e sulla quale sovente sorvoliamo ma a cui fu coraggiosamente offerta da costoro la vita in nome di un riconosciuto e sperabilmente diffuso credo ed operato.

Nell'era della mediazione tecnologica le trappole nocive e letali si piazzano ormai sull'internet 2.0.

Per questo mi chiedo se la comunità dei social media sarà realmente in grado di costruire il futuro o se si renderà più facilmente e solo... "gretta" protagonista dell'efferata quanto dissennata, incosciente ed esaltata distruzione della presente civiltà!

Elmoamf

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