Raccolgo l'appello di una concittadina apparso sul gruppo #OpenNettuno che esorta ad una breve quanto profonda riflessione sulla violenza. Il concetto di violenza che in tal caso coinvolge le Donne ed il loro subire che si presume passivo di fronte ad una forza fisica che a volte sembra predominare e totalmente soverchiare.
Ma il concetto di violenza si espande oltre la mera lesione fisica, abbracciando ambiti reconditi, psicologici, che si annidano nelle alcove della memoria, menomando gli arti non solo corporei, le estremità fragili, materialmente tangibili...
Più subdolamente permea le emozioni e le azioni e reazioni emotive, le sensibilità intime della persona, che rischia a tal punto l'annichilimento, l'annullamento, da giungere a non aver più la forza per reagire.
Questo concetto di violenza ci coinvolge tutti in prima persona.
E' un concetto che fa leva appunto sulla predominanza della forza, dell'arroganza della forza che si fa padrona.
Una forza che si abbatte sovente e preminentemente su ciò che ritiene indifeso, inerme, non reattivo.
Perché è su tale aspetto che la forza bruta trae il suo vantaggio e la sua maggior potenza.
Si ciba non tanto della paura del prossimo ma del suo terrore ad affrontarlo.
Ebbene, quando al terrore paralizzante fa seguito il sacrosanto diritto di vivere ed affermare la propria volontà e dignità d'esistenza... ecco che appare il coraggio della paura.
Un coraggio che è appunto reazione, affermazione, grido di presenza e vita.
Un coraggio che va oltre la violenza, la sofferenza e la morte.
Un coraggio d'amore... in primis per se stessi!
Perché solo così si è in grado di poter dare poi coraggio ed amore agli altri.
Andando oltre la violenza e la forza bruta.
Andando oltre il coraggio stesso in nome di un valore più alto ed immenso... quel valore che è la dignità della vità...
Che è vita!
L'essenza che è in ognuno di noi e che nessuno potrà mai cancellare.
Qui l'appello:
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