Nettuno Porto e Borgo

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mercoledì 13 luglio 2016

Un futuro sottovalutato in un presente costretto - Sommerso da ignavi danteschi

E' tempo d'estate.
E' vero.
E la gente si "chiedono":
"Come si possono risollevare le sorti di un paese atterrito dalle ingannevoli sirene del mare?"

Spietatamente rispondo:
"Non si può!"

Almeno sino a quando l'inettitudine regnerà sovrana, paralizzando ogni azione, iniziativa, idea, voglia e coraggio di realizzarla.

Almeno sino a quando l'inettitudine regnerà sovrana, ostacolando sino ad inaridirla ogni volontà genuina di rischio e riscatto.

Almeno sino a quando l'inettitudine... l'insolenza, l'arroganza, la maleducazione, l'ignoranza, l'idiozia e la deprimente superbia degli ignavi la faranno da padrone.

E' tempo d'estate e la gente si "aspettano" proposte all'altezza.
E allora direi sia una questione perfettamente naturale se tali proposte si scoprono imperturbabilmente all'altezza della gente che le pretende... ossia mediocri. Visto che tali "Gentes" sono del tutti incapaci di apprezzare alcunché!

O diversamente, le proposte potrebbero essere magari all'altezza di quei pochi che abbiano la forza e la volontà di reagire ma ciò dovrebbe supporre inevitabilmente un tessuto umano che al momento non mi sentirei affatto di dire o affermare sia sufficientemente presente.

Intendiamoci! Non perché questo tessuto umano non esista.
Semplicemente perché non è dato sapere se alcuno sia stato in grado di intercettarlo e valorizzarlo e soprattutto farlo in territorio neutrale nonché adeguatamente fertile, per non rischiare che appassisca anch'esso prematuramente come è marcito tutti il resto.

Vi sembreranno termini eccessivi, quelli fin qui utilizzati, per descrivere una comunità ed una civitas che potrebbe e dovrebbe meritare ben altri appellativi assai più nobili... ma basterebbe interrogarsi sul significato etimologico di "Civitas" per capire anzi brillantemente comprendere che non sono stato affatto duro, anzi... sono stato sin troppo buono nel soppesare in tutto il suo livore e disvalore la nostra presente, invadente, permeante ed onnipresente pochezza di individui comuni. Una pochezza capace di esprimersi in iperboli sia dal punto di vista intellettuale, sia dal lato tecnico o più istintivamente sociale.

E' tempo d'estate.
E alcuni si muovono a passi felpati e silenziosi per costruire un futuro, per loro e per tutti quanti, in spirito di spregiudicata, folle ed utopistica solidarietà.
Ancorché incompresi, derisi, sottovalutati, sbeffeggiati, insultati e scherniti dai presunti avversari "politici", preoccupatissimi per i loro eventuali successi.
Ancorché scoraggiati dal resto del volgo perennemente affannato e occupato nel sostegno o dileggio del "nulla".
Ancorché consapevoli di prodigarsi infaticabilmente per una mandria ormai informe di esseri viventi spesso inutili o controproducenti nel loro agire e che in realtà meriterebbero più onestamente l'oblio dei sensi piuttosto che l'eternità del dolore...
Ancorché scoraggiati dalla demenza senile di una collettività di fatto inesistente.
Ancorché tutto ciò... hanno ancora il coraggio di pianificare e pontificare di un futuro migliore.

E allora quale risposta vogliamo riservare a tali silenziosi ed invisibili individui?

Quella solita ed ignobile della "gente che pretendono": pretendono solo, pretendono adesso, pretendono e basta... senza nulla proporre, aggiungere, partecipare o rischiare?

O quella più insolita, rara ed unica delle persone disposte ad interrogarsi sul loro operato prima di giudicare quello altrui e disposte altresì ad apportare la loro esperienza in favore di tutti affinché da ciò ne scaturisca qualcosa di buono non solo per loro ma prima ancora per l'intera comunità?

Quale risposta vogliamo riservagli...?
Tenendo presente un fatto ineludibile!
Quegli individui di cui vaneggiavo siamo null'altro che noi stessi.
Nel silenzio delle nostre alcove.
Nell'assordante silenzio delle nostre speranze.
Nel tremendo silenzio delle nostre aspettative mancate che pretendiamo siano altri a dover risolvere, giustiziare, redimere o vendicare.

Chi lavora propone, magari critica o accetta critiche ma sempre nel merito e nella concretezza della prospettiva come della proposizione. Chi lavora si pone obiettivi con cognizione di causa nel solco di un percorso determinato che si propone infaticabilmente di portare a termine... nel migliore dei modi possibili.

Chi lavora non "ciancia" se non il tempo necessario per riposare o riflettere.

Chi lavora seriamente lo fa in silenzio e non rivendica mai i risultati raggiunti, utili per tutti, dando per scontato che il raggiungimento di quei risultati fosse per tutti un mero dovere ed uno scopo essenziale oltre che un sacrificio ben accetto e comunque intriso di soddisfazioni per chi abbia avuto il coraggio di intraprendere un tale cammino.

Chi lavora non pretende con arroganza ma rivendica solo il giusto rifuggendo ogni astio, acredine o superbia!

Ci sarebbe da chiedersi allora:
Ma chi è in realtà che sta concretamente lavorando in tal modo?

Ecco, a questo punto, fatevi una domanda e poi datevi una risposta (come piaceva sollecitare i suoi ospiti l'innocuo Marzullo...)

'O la strana sensazione che qui stiano tutti al mare a prendere il sole!

Elmoamf

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